E’ un paradosso: in tutto il mondo il cibo italiano viene osannato e celebrato, ma fatti due conti le esportazioni del made in Italy sono deboli rispetto alla fama. Da un recente studio realizzato da Studio Valdani e Vicari in collaborazione con Cia-Agricoltori Italiani, Ice, Gambero Rosso International e il Centro Studi Anticontraffazione di Roma presso la Stampa Estera emerge che gli stranieri non conoscono il 95% dei nostri prodotti agroalimentari. Nel vasto mare dell’eccellenza italiana sono solo una dozzina di prodotti ad avere risonanza internazionale. A soffrire di questa situazione sono le esportazioni: troppo basse rispetto alle potenzialità che vengono stimate attorno ai 70 miliardi di euro all’anno. Basti pensare, infatti, che l’Italia è al settimo posto come paese importatore di cibo al mondo, mentre è solo al quindicesimo posto come esportatore, dietro ai leader Stati Uniti, Olanda, Brasile, Germania, Francia e addirittura dietro a paesi piccoli come il Belgio. Qualcosa dunque non funziona. Da più parti si invoca un cambiamento di strategia e non puntare solo a vendere i prodotti a km 0 che hanno un giro d’affari annuo pari a 1,5 miliardi di euro, ma pensare in grande mirando a conquistare i mercati esteri pronti a recepire le nostre eccellenze.
Sito della Cia-Agricoltori Italiani: www.cia.it