CUOCO E OSTE
di Sergio Prano
L’occasione di incontrare Filippo La Mantia si è presentata lo scorso febbraio a Monaco di Baviera nel corso dell’evento “Notte siciliana”, ospitato nell’elegante edificio della Boffi. La serata, all’insegna dei sapori e dei profumi siciliani, ha visto infatti la degustazione delle creazioni del famoso cuoco palermitano a cui sono stati abbinati alcuni prestigiosi vini siciliani dell’azienda Cusumano presentati da Diego Cusumano, direttore del settore marketing e commerciale. Le magie culinarie e i vini ci hanno catapultato in Sicilia, terra meravigliosa e generosa che Filippo La Mantia fa rivivere nei piatti con cui affascina e rapisce gli ospiti del suo ristorante a Milano (www.filippolamantia.com).
bi Filippo La Mantia, palermitano, cuoco e oste. Ci spiega questo appellativo che si è dato e di cui va fiero.
F.L.M. Io sono autodidatta e nutro un grandissimo rispetto per gli chef che hanno frequentato stage, sono stati allievi di cuochi rinomati, hanno lavorato 20, 30 anni per arrivare a essere chiamati chef, anche se io preferisco chiamarli cuochi visto che siamo italiani e a me piace usare la nostra lingua. Mi sono autodefinito cuoco e oste perché, nonostante il mio locale sia stato premiato come progetto architettonico il più bel ristorante d’Italia, è una semplice osteria. Dell’osteria si respira l’atmosfera informale dove si mangia il cibo di casa fatto con prodotti genuini a cui tengo particolarmente, con porzioni abbondanti e tanta tanta allegria.
bi Un percorso atipico il Suo, ex fotografo, poi scopre la passione per la cucina.
F.L.M. Sì, ho fatto tante cose nella mia vita ma in realtà in cucina ci sono sempre stato. Nel 2001 mi sono trasferito a Roma, ho acquistato una giacca da cuoco e ho iniziato a cucinare “ufficialmente”. Ecco come si è aperto questo capitolo della mia vita.
bi Quanta Sicilia c’è nella Sua cucina?
F.L.M. C’è solo la mia terra nella mia cucina, dai prodotti che arrivano al 99% dall’isola tranne la carne che acquisto ad Arezzo perché, a mio avviso, in Sicilia la carne non viene trattata bene, sino ai piatti. Ripropongo i grandi classici – caponata, panelle, panino con la milza, sarde alla beccafico – della cucina di tutta l’isola e non solo di Palermo, la mia città. Questo perché, anche se sono orgoglioso di essere palermitano, ritengo che la Sicilia abbia un patrimonio enogastronomico fantastico che ho l’onore di far conoscere. Come cuoco che vive nel suo tempo ho però reinterpretato i classici rendendoli più leggeri, più freschi, perché lo stile di vita delle persone di oggi non è lo stesso di 50 anni fa.
bi Quali sono i prodotti tabù per Filippo La Mantia?
F.L.M. Aglio, cipolla, porro e scalogno. Non mi piacciono e quindi non li cucino. Cucino solo le cose che mi piacciono.
bi Qual è il Suo piatto preferito?
F.L.M. Amo il cous cous. Da 19 anni sono testimonial della manifestazione CousCous Fest (www.couscousfest.it) e di una importante ditta italiana che lo produce e che è leader nel settore. Il cous cous è rito, è preghiera, è un prodotto vivo che devi toccare. Poi sicuramente la caponata di melanzane a cui devo molto e che è diventata un po’ il totem della mia cucina.
bi Cosa pensa dei cuochi che sono diventati delle star televisive?
F.L.M. Io conosco Carlo Cracco e Antonino Cannavacciuolo e devo dire che dietro al meritato successo televisivo ci sono anni e anni di duro lavoro e professionalità. Ora raccolgono giustamente i frutti di tanti sacrifici. Mi sembra un’assurdità invece che cuochi giovani, con poca esperienza, si atteggino a star televisive.
bi Il Suo rapporto con la Tv?
F.L.M. No, andare in Tv non fa per me. L’ho fatto una volta sola per Mediaset perché io nella vita voglio provare tutto, ma non mi interessa. <